La narrazione del percorso che portò a maturare lentamente l’idea di mettere in scena un’opera allo Sferisterio non può non tener conto della realtà socio-culturale della città e prescindere dalla storia di una delle associazioni più attive in quel periodo a Macerata: la Società Cittadina di Pubblici Divertimenti.
Solitamente la cronaca rimanda alla figura del Conte Pier Alberto Conti quale unico promotore dell’evento ma, come già accennato, il percorso per arrivare al 1921 fu il frutto di una serie di proposte provenienti da più parti e mai concretizzate per i motivi più disparati.
Nel 1921 Pier Alberto Conti fu l’uomo giusto al posto giusto: nominato presidente della Società Cittadina per i Pubblici Divertimenti nel 1919, riuscì a far germogliare quelle istanze più volte sollecitate e a farle divenire realtà, confermando comunque una costante che, purtroppo, si ripete nel tempo: “le iniziative prendono forma soprattutto attorno all’impegno di pochi privati in determinate circostanze o addirittura per merito di qualche persona, artista o amatore, maceratese o il più delle volte venuta da fuori, desiderosa di creare per Macerata situazioni culturali analoghe a quelle esistenti in centri italiani più grandi o più famosi”[1]
Dal punto di vista economico, negli anni tra il 1871 e il 1896, la Provincia di Macerata era la meno "industriale" della regione e il sistema era fondamentalmente di carattere rurale e mezzadrile. Sebbene esistessero ampi margini per uno sviluppo imprenditoriale, in quel periodo questo era ancora in uno stato embrionale. Inoltre, gli analfabeti in provincia erano ancora l’82,75% della popolazione (il 67.52% se si considera la popolazione in età scolare), dato che inizierà a migliorare nel decennio 1901/1911.
Le relazioni della Camera di Commercio di Macerata registravano i gravi sintomi della crisi agraria nel mercato locale e anche le famiglie nobili maceratesi certamente risentivano della contrazione delle rendite fondiarie. La carenza di spirito imprenditoriale unita alla diffidenza verso il nuovo non contribuiva certo al rilancio e alla crescita dell’economia. L’élite cittadina era formata da coloro che vivevano ancora di rendita, da liberi professionisti, che formavano una sorta di élite nell’élite e, in prevalenza, da una piccola borghesia composta per lo più da impiegati e piccoli/medi commercianti; si registrava ovviamente la mancanza di una classe operaia attiva per i motivi già citati sopra.
Da un censimento del 1868 risulta che sul territorio provinciale insistevano trenta teatri[2] di cui quattro nel solo capoluogo. Molti se pensiamo che la popolazione era di circa 250.000 abitanti distribuiti in 57 comuni e un terzo di questi non superava le duemila anime[3]. Andare a teatro era ancora da molti considerato più un fatto di costume e quello era lo spazio dove si svolgevano gli eventi-spettacolo e luogo di incontro in occasioni particolari e celebrative. Tutto questo, se sommato al fatto che il teatro era sempre assoggettato alle rigide regole e imposizioni degli amministratori comunali, preoccupati di mantenere il bilancio in pareggio, rendeva difficile un vero e proprio percorso di formazione di una coscienza culturale.
Tuttavia, nel periodo dell’Aida al Lauro Rossi diretta da Arturo Toscanini nel 1888 - di cui abbiamo narrato nel precedente articolo - in città era un brulicare di attività ed eventi di vario genere: non importa se piccoli o grandi, pubblici o privati. L’entusiasmo per le serate a teatro con l’opera e l’operetta, il concerto della banda locale, le recite delle filodrammatiche amatoriali così come per eventi più social quali i balli, i corsi mascherati, le sagre, i circhi e i burattini, animava le stagioni.
Sono anni in cui l’arte, la poesia, il teatro, la musica e tutto ciò che costituiva “divertimento” ha un forte impulso e il melodramma, un genere diffuso e apprezzato non poteva non essere in cima alla lista.
Grazie ad una maggiore produzione e circolazione di opere musicali e alla conseguente maturazione di una sensibilità nel pubblico si registra dunque, come altrove, un cambio di passo e il melodramma, la musica e, pian piano anche la prosa, diventano sempre più aspetti imprescindibili della vita culturale cittadina.
A Macerata il Teatro Condominiale[4] passa in mano pubblica nel 1872 avendo il Municipio acquisito le quote dei condomini, firmando un accordo che accontentava un po’ tutti: da un lato l’amministrazione che perseguiva l’interesse collettivo, dall’altro i “condomini” che si trasformarono in palchettisti, mantenendo la proprietà dei soli palchi e assicurando, in cambio, un supporto economico per l’organizzazione delle varie attività, pari a un terzo della “scorta” teatrale. Non si risolveva comunque il problema economico e le cifre messe a disposizione dall’amministrazione non erano quasi mai proporzionate o sufficienti a sovvenzionare in modo adeguato spettacoli di qualità.
Nel 1884 il Teatro fu intitolato all’illustre musicista e concittadino Lauro Rossi, compositore nonché direttore del Conservatorio di Milano dal 1850 al 1871 e poi di quello di Napoli dove fu chiamato a succedere a Saverio Mercadante. Lauro Rossi, ritiratosi a Cremona al termine dell’incarico napoletano moriva il 5 maggio 1885. Solo due mesi prima, il 6 marzo, era venuto a mancare anche lreneo Aleandri l’ingegnere dello Sferisterio.
Come abbiamo già avuto modo di raccontare nel precedente articolo, in città venivano organizzate almeno due stagioni liriche, quella di Carnevale e quella di Fiera, in concomitanza quest’ultima con i festeggiamenti del Santo Patrono a fine agosto per rispondere alle richieste del pubblico.
Gli impresari si adoperavano a proporre titoli e cast pronti per il palcoscenico, ma la macchina organizzativa era sempre piuttosto precaria e l’aspetto economico era ovviamente quello più complesso da gestire. E così, viene affermandosi l’iniziativa dei privati che per gli scopi teatrali, musicali e di “divertimento” si organizzano in comitati, società e associazioni che si prodigavano per rimpinguare la sempre insufficiente “scorta teatrale” messa a disposizione dalle istituzioni pubbliche.
Nel 1891 la proposta teatrale si era arricchita notevolmente a seguito dell’inaugurazione del Politeama Marchetti (successivamente, a seguito di cessione della proprietà, cambierà il nome in Politeama Piccinini). Il proprietario, Anastasio Marchetti, impavido imprenditore, decise di trasformare un fabbricato di sua proprietà inizialmente destinato a essere una fornace, in un Teatro-Politeama, con una capienza di circa 2000 posti, allo scopo di accogliere spettacoli più accessibili e di vario genere, financo il circo equestre. La programmazione prevedeva sia serate d’opera sia spettacoli teatrali, concerti nonché feste, balli e banchetti. Tutto ciò fino al 1935, quando un incendio ridusse in cenere la struttura. Al suo posto venne costruito il Cinema Cairoli, chiuso ormai da diversi anni.
Nasce la “Società Cittadina di Pubblici Divertimenti”
La “Società Cittadina di Pubblici Divertimenti” fu costituita in comitato il 6 marzo 1887 con l’intitolazione provvisoria di “Società Cittadina del Carnevale”. Nell’adunanza del 21 marzo lo stesso comitato deliberava all’unanimità di provvedere a quanto necessario per predisporre lo Statuto e di inviare “una lettera ai più distinti cittadini invitandoli ad aderire”[5] Il primo evento pubblico della novella società, ridenominata Società Cittadina di Pubblici Divertimenti sarà in occasione delle feste per il patrono San Giuliano il 31 agosto con l’organizzazione di una corsa di velocipedi e cavalli mentre per l’approvazione definitiva dello Statuto e per il rinnovo della cariche bisognerà attendere il 1 gennaio 1889. Alla presidenza venne eletto il Marchese Modesto Ciccolini, già vice-presidente all’atto della costituzione.
In città operavano da tempo diverse società e circoli e di volta in volta, per rispondere ad esigenze specifiche nascevano comitati ad hoc. Meritano di essere ricordate la Società del Casino, sciolta nel 1901 dopo oltre novant’anni di attività, la società Filarmonico-Drammatica, attiva ancora oggi e la società Borghigiana, divenuta poi Pro Via Cairoli e oggi nota come Associazione Culturale Le Casette.
La Cittadina, che operava su tutto il territorio comunale e annoverava tra i propri soci persone di ogni ceto sociale, si posizionava dunque a metà strada tra le nobili società del Casino e Filarmonica e le più popolari e di quartiere come la Borghigiana/Pro-Cairoli, facendosi promotrice di iniziative importanti con una certa continuità sia nella programmazione che nell’impegno nei confronti della città in momenti importanti come, a esempio nel 1893 in occasione dei festeggiamenti per l’inaugurazione dell’impianto della luce elettrica o nel 1895 in occasione dell’inaugurazione del monumento a Giuseppe Garibaldi.
La prima fase della vita della società va dalla data di costituzione al 1899. In questo periodo, l’impegno dei soci assicurava un investimento costante a favore delle stagioni liriche al Lauro Rossi o nell’organizzazione di eventi benefici e di iniziative più popolari in occasione delle feste patronali, sobbarcandosi con generosità l’investimento e riuscendo ad assicurare anche delle doti teatrali importanti che consentivano la messa in scena delle opere, spesso anche attraverso l’apertura di sottoscrizioni pubbliche ad hoc.
Nonostante gli sforzi profusi non sempre i risultati erano positivi. Il bilancio della società registrò una perdita di 1.600 Lire sulla stagione 1890, incidente che non creò grandi problemi. Più significativa fu la perdita di oltre duemila lire registrata nel 1895 in occasione della messa in scena della Manon Lescaut di Puccini, titolo che a Macerata debuttava a soli due anni di distanza dalla prima assoluta, opera programmata in occasione dei festeggiamenti per l’inaugurazione del monumento all’eroe dei Due Mondi. Il Comune, chiamato dalla Società a contribuire alla spesa con una sovvenzione straordinaria respinse la richiesta con 15 voti contrari e 6 favorevoli. In merito, il presidente Lamberto Antolisei scrisse: “... In qualunque modo è indiscutibile che questo debito, che improvvisamente viene a gravare sulla Società Cittadina, la riduce in condizioni tali da mettere in serio pericolo la sua esistenza. Altre volte e con l’unico intento di aiutare il piccolo commercio, ha assunto imprese teatrali ed in occasioni di pubbliche feste non si è mai rifiutata di portare un largo contributo in modo da evitare al Municipio spesa e fastidi”. A nulla valsero le proteste. Dal 1899 al 1907 non c’è traccia evidente delle attività della Cittadina.
Questo fa supporre che la Società fu sciolta o forse, esaurito l’entusiasmo dei soci semplicemente sospese le attività.
Nel frattempo, Macerata cambiava e guardava al futuro: la ferrovia nel 1886, il telefono nel 1888, l’acquedotto nel 1889 e l’energia elettrica nel 1893, le prime sale cinematografiche. Si può dire che progresso e divertimento fossero le parole d’ordine del nuovo corso. Allo stesso tempo è evidente l’avvio di un dibattito politico e sociale che vede contrapporsi da un lato coloro che pongono l’attenzione sulla questione sociale e dall’altro i difensori dell’ordine costituito e dello status quo. Non di poco conto il fatto che tra il 1900 e il 1915 erano attive in città ben 38 testate giornalistiche.
Un articolo datato 8 maggio 1907 riporta l’attenzione sulla Cittadina e annuncia che “parecchi ex-soci della Società Cittadina, riuniti nella Fabbrica di Fiammiferi del Sig. Telesforo Machella, stabilirono la fondazione di una nuova Società di Pubblici divertimenti in Via Cavour ….” . Già prima dell’uscita dell’articolo la Società aveva organizzato al Lauro Rossi cinque serate di beneficienza a favore dell’Asilo Infantile Ricci. Sul palco l’operetta goliardica La fuga d’Angelica di Alessandro Billi. Nel ruolo del titolo, un quindicenne Beniamino Gigli che “con la sua voce di soprano estesa, squillante, intonata s’è subito guadagnato il favore degli spettatori”[6] . Il giovane tenore di lì a poco si trasferì a Roma per proseguire gli studi di canto al Liceo Musicale di Santa Cecilia e iniziare nel 1914 la sua importante carriera.
Le attività riprendono con rinnovato ardore. L’evento più significativo dell’anno e destinato a durare per qualche decennio è certamente la prima edizione del “Corso dei Fiori”[7] mentre nel mese di agosto venne organizzato uno spettacolo dedicato al tradizionale Giuoco del Pallone, “da tempo caduto immeritatamente in disuso”[8].
La società torna pienamente in funzione e riprende a proporre, organizzare e sostenere più di un evento: nel 1910 patrocina la messa in scena del Domino Nero di Lauro Rossi in occasione del centenario della nascita del musicista mentre nel 1911 promuove e supporta la Stagione Lirica di Primavera con Andrea Chènier, non solo mettendo la dote ma organizzando persino una raccolta di fondi a sostegno dell’iniziativa tramite la proposta di sottoscrizione di quote da parte di benemeriti cittadini. Nel 1913 organizza la Commemorazione Verdiana nel centenario della nascita del compositore di Busseto, promuovendo la messa in scena della Forza del Destino e nel 1914, poco prima dell’entrata in guerra, organizza la stagione lirica di primavera con la messa in scena della Gioconda di Ponchielli che fu un “successo clamoroso”.
Durante il periodo bellico le attività teatrali furono sospese e pure quelle associative. Le risorse disponibili furono destinate ad opere benefiche richieste in quel momento.
Nel maggio 1919, a sei mesi dall’armistizio, si torna a parlare di opera: la Società di Pubblici Divertimenti aveva stabilito di riaprire i battenti del Teatro Lauro Rossi con un’opera di Puccini. Il nuovo presidente è il Conte Pier Alberto Conti.
Tosca o Fanciulla del West? La scelta cadde sul secondo titolo, opera nuova per la città che“…richiede un notevole sfarzo di messa in scena ed altro”[9], nonostante il Comune avesse rifiutato di aumentare la scorta dalle previste 8.000 Lire alle 12.000 Lire richieste dalla Cittadina.
“L’inevitabile svalutazione monetaria che accompagna ogni dopoguerra ha portato i costi organizzativi a un livello tale che è già un miracolo se qualcuno si azzarda a mettere in piedi in un teatro come il Lauro Rossi uno straccio di Stagione Lirica”[10]
Ma la Cittadina osa e lo spettacolo si fa. Nel cast il soprano Francisca Solari che tornava a Macerata dopo un recital nel 1912 sempre al Lauro Rossi. Una Minnie “deliziosa, vivacissima, attrice impareggiabile, la faticosa parte non può essere resa con maggiore efficacia di quanto ottenga l’insigne artista” [11]. Alla fine della stagione gli spettatori paganti furono in tutto 7.586 e il guadagno fu esiguo. Appena 952 Lire contro una scorta di 9.000 Lire. Se non altro l’evento non fu in perdita.
Il 10 luglio 1919 viene recapitato un telegramma al Sindaco di Macerata da parte dell’impresario Borboni: “Avrei intenzione fare straordinaria esecuzione Aida all’aperto al Vs. Sferisterio. Sarebbe grande novità per tutte le Marche, se mi aiutate in qualche modo farei subito combinazione, verrei per definire”.
Il giorno seguente risponde il Sindaco “Occorre rivolgere domanda Società proprietaria Sferisterio. Avverto Comune impossibilitato concessione contributi”
La domanda ai Consorti non arriverà dall’impresario Borboni, ma dalla Società Cittadina a firma del suo presidente Pier Alberto Conti due anni dopo.
Sul Cittadino del 26 marzo 1921 un cronista ignoto scrive “L’Aida allo Sferisterio – …. Ora per iniziativa di quella società che ha il monopolio a Macerata di tutte le imprese più geniali, la benemerita Cittadina, si è progettato di rappresentare nel prossimo agosto l’Aida”.
[1] “Teatro e musica a Macerata, ieri e oggi”, Claudia Colombati – in “La Provincia di Macerata Ambiente Cultura Società” 1990 a cura dell’Amministrazione Provinciale di Macerata pag. 263 e segg.
[2] Le Marche dei Teatri Vol. 1 Ascoli Piceno e Macerata. Oggi i teatri sono 27 di cui 23 sono quelli storici. Tuttiteatri Macerata
[3] “La Provincia di Macerata Ambiente Cultura Società”. 1990 a cura dell’Amministrazione Provinciale di Macerata
[4] Nel 1765 quarantasei nobili maceratesi avevano costituito un condominio teatrale per realizzare un nuovo teatro pubblico nello stesso luogo ma più ampia di quello esistente. Tuttiteatri Macerata
[5] Verbale del Comitato del 21 marzo 1887 tenutosi presso i locali della Società Filarmonica di Macerata
[6] Recensione pubblicata su L’Unione, 1 maggio 1907
[7] La Festa dei Fiori
[8] Articolo pubblicato su L’Unione,14 agosto 1907
[9] La provincia Maceratese, 11 maggio 1919
[10] Franco Torresi, "Due Passi nel Tempo" – in “La città sul palcoscenico”, vol II* - pag. 281
[11] L’Unione, giugno 1919