Nel luglio del 1921, dopo mesi di preparativi, andava in scena a Macerata – sul palco appena costruito dentro lo Sferisterio, spazio solitamente utilizzato per ospitare le partite della palla al bracciale – l’Aida di Giuseppe Verdi.

La storia è nota, ma sempre bella da ascoltare. Il conte Pier Alberto Conti aveva convinto i soci della «Società cittadina di pubblici divertimenti» ad allestire l’opera allo Sferisterio, coinvolgendo la città in una iniziativa che aveva entusiasmato tutti. Ricorreva proprio quell’anno il cinquantesimo dalla prima rappresentazione del titolo verdiano. Quale migliore occasione, dunque, per iniziare una nuova avventura, organizzando un evento che sicuramente sarebbe rimasto scritto negli annali della storia cittadina?

Benché ai nostri giorni Aida sia una tra le opere più note del compositore di Busseto[1], a Macerata quel titolo verdiano mancava da tempo. Nella città che ogni anno dedicava più di una serata all’opera lirica, nelle cosiddette stagioni di Carnevale, di Fiera, di Primavera, ospitando presso il teatro “Lauro Rossi” diversi titoli e compagnie, l’ultima Aida risaliva al 1888.

Non che in Regione andasse meglio. Tra il 1884 e il 1921 Aida aveva calcato le scene dei teatri marchigiani per sole nove volte. A Fabriano nel maggio del 1884, a Pesaro per la stagione di Carnevale 1886, a Fermo nel 1887, a Macerata nel 1888, ad Ancona nel 1889 e ancora nel 1905 e nel 1920, infine a Senigallia nel 1908, e a Osimo nel 1913.[2] La decima volta sarebbe stata quella più memorabile, quella che avrebbe segnato un punto cruciale nella storia della città e non solo.

 

AIDA 1888 – Una novità per Macerata

Aida approdava in città la prima volta nel 1888 ed era stata prevista per la Stagione di Fiera nel mese di agosto. L’evento assumeva particolare rilievo nella programmazione, giacché, proprio in quegli stessi giorni, molti visitatori sarebbero stati richiamati a Macerata dallo svolgimento del Congresso Agricolo. Questo dunque faceva certamente presagire uno straordinario afflusso in città di persone che avrebbero volentieri profittato della congiuntura per godersi una serata all’Opera.

L’attesa, ad ogni modo, era alta, anche perché il Teatro cittadino “Lauro Rossi” già dalla fine dell’anno precedente era stato chiuso per via di alcuni problemi legati alla sicurezza. Fu riaperto solo nel giugno del 1888, dopo che un incaricato del Ministero ebbe verificato che i lavori di messa in sicurezza degli impianti erano tali da preservare l’incolumità del pubblico in caso di incendio.

La prevista Carmen, in calendario per marzo 1888, fu annullata e la “scorta” (ovvero il contributo previsto per quello spettacolo) fu probabilmente sommato alla cifra stanziata per la stagione di fiera “perché si desse un – così si legge nei documenti – buono spettacolo musicale, tenuto conto che nel mesi di agosto avrà luogo in questa città il Congresso Agricolo” [3] L’attesa era tale che, anche dopo che il congresso venne rinviato ad altra data, l’Aida già programmata rimase in cartellone.

L’opera verdiana fu in scena dal 22 agosto al 13 settembre per un totale di 16 recite. Gli spettatori paganti furono 5.179 per un incasso totale di Lire 8.107,80 ovvero, facendo i debiti calcoli, circa 36.000€ attuali. Al tempo, la proprietà del Teatro metteva a disposizione dell’impresario una cifra per sostenere le spese di organizzazione di uno o più spettacoli. Per Aida l’impresario Luigi Cesari aveva una dote teatrale di Lire 14.000. Il ricavo che avrebbe ottenuto era dato sommando la dote al ricavato dei biglietti venduti meno le spese sostenute.

In una lettera del 26 luglio 1888, l’impresario Cesari scriveva: “Questa mattina ho ricevuto copia dell’avviso dell’ultima stagione teatrale e francamente espongo la misera impressione avuta: difatti quand’è che si presentò uno spettacolo come quello grandioso dell’Opera Aida con una distintissima compagnia di canto per il prezzo di L. 1,50 serale e di lire 1 in abbonamento?” [4]

In quel periodo l’opera era un genere popolare e praticamente in ogni città c’era un teatro nel quale non si mancava di organizzare una stagione. Gli impresari mandavano in provincia le compagnie già pronte, con scenografie e costumi, mentre le orchestre venivano messe in piedi appositamente per le rappresentazioni.

Probabilmente questa rappresentazione sarebbe finita in archivio come un evento tra gli altri, se non fosse accaduto che a dirigere Aida era la stella nascente della direzione d’orchestra: il maestro Arturo Toscanini. I ruoli di Aida e Amneris erano stati affidati a due sorelle, le cantanti Sofia e Giulia Ravogli, che a Macerata trovavano (con buona probabilità) ad accoglierle la sorella Emma, moglie di Maffeo Pantaleoni.

Arturo Toscanini era reduce dalla tournée in Brasile, che aveva dato il via alla sua carriera di direttore d’orchestra nel 1886. Come molti sapranno, infatti, quel giovane maestro appena diciannovenne, si era ritrovato all’improvviso a dover dirigere l’orchestra, dopo che il direttore si era dimesso e il suo sostituto era praticamente stato cacciato dal podio dal pubblico insoddisfatto. Per sei settimane, dal 30 giugno 1886, Toscanini si era trasformato da “giovane violoncellista indipendente” in promettente stella della direzione d’orchestra. Nel 1887, al rientro dalla tournée sudamericana e dopo aver diretto alcune rappresentazioni in teatri di diverse città tra cui Torino e Verona, egli cominciò a seguire le prove di Otello come secondo violoncello nell’Orchestra della Scala alla presenza di Giuseppe Verdi, per poi tornare a lavorare come direttore d’orchestra in vari teatri di provincia.

Fatto gli è che, quando giunse a Macerata, era affermato e considerato uno dei “migliori direttori, un vero genio che aveva posto solida base di fama duratura”. Con lui, s’è detto, le cantanti Sofia e Giulia Ravogli. Le due sorelle erano allora piuttosto note e raccoglievano elogi e recensioni positive in Italia e all’estero. A Londra, l'anno precedente, persino un critico così esigente come George Bernard Shaw, si disse addirittura “infatuato” dalla voce di Giulia Ravogli e descrisse in una cronaca appassionata, i dettagli della «pantomima struggente, satura di sentimenti» offerta dalla cantante nell’Orfeo e Euridice di Gluck.

La prima si tenne il 22 agosto. Toscanini tornava a dirigere Aida ed era la prima volta in Italia dopo il debutto brasiliano. L’aspettativa del pubblico però, a sentire le cronache, fu delusa per via della scarsa sicurezza da parte del Coro e per dei guasti all’elettricità sfortunatamente verificatisi in diversi punti importanti dell’opera. Tuttavia, andò meglio nelle serate successive. Sofia Ravogli nella parte di Aida fu apprezzatissima “tanto pel canto come nell’azione”, dando prova della sua abilità. Anche la sorella Giulia, nel ruolo di Amneris, fu ritenuta “accuratissima”, e qualcuno scrisse che “al buon metodo di canto unisce una voce simpatica e una intelligenza non comune”.

Ottime anche le recensioni degli altri componenti del cast. Spicca la nota relativa al concertatore: “Al direttore maestro Arturo Toscanini stringiamo di cuore la mano per l’inappuntabilità dell’orchestra. Insomma, uno spettacolo quale non ci saremmo mai immaginati di avere… con un’esecuzione e una mise en scene splendida”. [5]

 

L’idea dell’opera allo Sferisterio

L’idea di rappresentare a Macerata, nello spazio dello Sferisterio, un’opera lirica non era cosa nuova. Un articolo pubblicato su giornale “ll Cittadino” fa cenno ad un’idea nata già nel 1914 e sui principali giornali di quel periodo più articoli parlano della Norma di Vincenzo Bellini e dell’Aida verdiana.

A giugno correva insistentemente voce in città che per «le fiere che si svolgeranno nel mese di agosto p.v. avremo allo Sferisterio una spettacolosa stagione lirica con l’Aida». Il primo giugno usciva infatti sulla Provincia Maceratese un breve articolo che accennava ad un sopralluogo dei «medesimi impresari che ebbero ad apprestare simile spettacolo all’Arena di Verona. Gli impresari in parola hanno già visitato lo Sferisterio e lo hanno trovato di loro soddisfazione. Pare che per la decisione definitiva si attenda che i palchettisti concedano all’impresa i palchi».

Una lettera, datata 28 luglio dello stesso anno, a firma dell’ingegner Venanzo Meca – il quale, a nome di un neo-costituito comitato cittadino, si rivolgeva al sindaco proponendo come alternativa all’Aida di Verdi la Norma di Bellini, da realizzarsi con l’impresa Ragazzini e Cantagalli. Dalla lettera veniamo a conoscere sia il cast artistico proposto sia la richiesta di un concorso finanziario da parte del Municipio, oltre ai dettagli dell’illuminazione dello Sferisterio da allestirsi con un impianto gratuito da parte dell’amministrazione. L’accettazione di queste due richieste da parte del Municipio era “condizione sine qua non per l’effettuazione del suesposto progetto”.

Le trattative erano giunte a buon punto, quando, a fronte di complicazioni e disagi causati dall’inizio del primo conflitto mondiale, nel mese di agosto il progetto fu abbandonato. Per riprendere nel 1919, quando Pier Alberto Conti divenne presidente della Società Cittadina; poco dopo, nel 1921 l’Aida arrivò finalmente e trionfalmente allo Sferisterio di Macerata, inserendo la città nel panorama musicale nazionale.



[1]Aida occupa il 12° posto nella classifica delle opere più rappresentate al mondo. Tra il 2004 e il 2019 è stata rappresentata 4296 volte in 833 produzioni (fonte Operabase);

[2] La città sul Palcoscenico Arte, spettacolo pubblicità a Macerata 1884/1944

[3]  Vessillo delle Marche marzo 1888

[4] I prezzi alla fine furono fissati in Ingresso L. 1,50 – poltrone L. 3; sedie L. 2; loggione L. 0,75. Al cambio odierno € 6,70 l’ingresso; € 13.39 le poltrone; € 8.93 le sedie; loggione € 3.35 

[5] Vessillo delle Marche – sett. 1888

 

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